L’UOMO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO – Da Darwin alla PsicoNeuroEndocrinoImmunologia – Dott. Virgilio Donato
10 Aprile 2019ANALOGIE TRA CULTURE – Guido Zandi
5 Dicembre 2019Articolo tratto dagli atti del convegno del 2010 dal titolo “EVOLVERSI PER MIGLIORARE ricerca nella tradizione”
La struttura dei nostri piedi, si è formata nel corso di centinaia di milioni di anni, durante i quali la costante rilevante determinata dalla forza di gravità, ha fatto in modo che le informazioni genetiche atte a mantenerla, fossero impresse indelebilmente e definitivamente nel nostro attuale DNA. Infatti, dalla legge biogenetica fondamentale determinata dall’ontogenesi (lo studio dello sviluppo individuale) e dalla filogenesi (lo studio della successione delle forme), si deduce che la struttura podalica umana comprende tutto il suo passato ontogenetico e filogenetico: in sostanza racchiude le esperienze sia dello sviluppo della specie Homo nella sua particolare evoluzione (habilis, erectus, neanderthal, sapiens), sia quelle accumulate nelle specie precedenti, da cui la specie homo è derivata (australopiteco, primate) che quelle ereditate, andando ancora più indietro nel tempo della scala evolutiva, dai mammiferi carnivori, dai rettili, dagli anfibi, dai pesci).
Il nostro percorso filogenetico inizia dai pesci del Devoniano, primo anello della catena, risalenti a circa 350 milioni di anni fa.
Le tappe fondamentali dell’evoluzione pre-podalica e podalica:
1) Il primo anello della catena: i pesci (Pinna ad archipterigio, Crossopterigi – 350 mil. di anni fa).
Il vero progenitore del piede è la “pinna pari ad archipterigio” dei crossopterigi, pesci ossei predatori del Devoniano superiore, così denominati per la forma a frangia delle pinne stesse. La loro capacità di compiere brevi sortite dalle acque in periodica evaporazione, grazie alla possibilità di immagazzinare ossigeno nella massa encefalica vescicolata, stabilisce il rapporto di discendenza degli anfibi.
2) Il secondo anello della catena: gli anfibi (Piede pentadattilo Labirintodonti-300 mil. di anni fa).
I primi ad abbandonare le acque (anche se non completamente) furono gli anfibi ed è con essi che inizia la storia del piede. È, infatti, il piede pentadattilo degli anfibi a essere ritenuto il primo prototipo a meritare la denominazione di piede. Tuttavia le escursioni articolari tra zeugopodio e autopodio (gamba e piede), risultavano limitate. Per avanzare era dunque necessario un grande dispendio di energie, a causa delle rotazioni trasversali degli arti e delle latero-flessioni della colonna. Questo grave handicap presuppone il successivo passo evolutivo.
3) Il terzo anello della catena: i rettili (Piede calcaneare Terapsidi -200 mil. di anni fa).
Grazie alla “messa a punto” dell’uovo amniotico, in breve tempo conquistarono il dominio sulla terra. Infatti, deponendo tranquillamente sulla terra un uovo che presentava caratteristiche di autosufficienza (sia per la difesa, sia per il nutrimento), potevano evitare di tornare nelle acque per la periodica pratica della riproduzione. La grande evoluzione si è avuta nel Triassico, circa 250 milioni di anni fa con i Terapsidi rettili simili ai mammiferi, i loro arti erano disposti nel piano parasaggittale, favorendo la sollevazione del tronco.
4) Il quarto anello della catena: i mammiferi (piede arboreo primi mammiferi- 80 mil. di anni fa).
I primi mammiferi furono dei piccoli insettivori, ma in breve tempo fecero la loro comparsa i primi marsupiali. Si inizia finalmente a parlare di vero e proprio piede.
Nei mammiferi il segmento tarsale s’irrigidisce ancora di più. L’astragalo assume una forma più adatta ad essere inserita nel mortaio tibio-peroneo e prende un contatto veramente deciso con lo scafoide. Inizia la migrazione sotto astragalica del calcagno e lo scafoide, per conseguenza della migrazione dorso laterale dell’astragalo cui è connesso, tende a porsi dorsalmente rispetto al cuboide.
Il piede si evolve e si modifica progressivamente, consentendo l’arrampicata sugli alberi, un indirizzo evolutivo che tende ad una specializzazione profondamente diversa da quella terrestre, che prevede altre specializzazioni destinate ad equilibri preda/predatore: i Plantigradi (orsi), i Digitigradi (felini), gli Unguligradi (cavalli).
5) Primati (Piede portante Australopiteci- 2 mil. di anni fa).
La vita arboricola detta al piede nuova forma e nuovi caratteri: il calcagno è la base su cui si fonda la conquista dell’ambiente. Una parte dei Primati iniziò a discendere dagli alberi, dando origine all’evoluzione della specie Homo. Questa ha inizio con la comparsa degli Australopiteci (Australopitecus robustus e Australopiteco africanus o gracilis) attraverso i passaggi intermedi (Homo Habilis, Erectus, di Neanderthal) fino all’avvento dell’Homo sapiens.
6) Ominidi (Piede antigravitario Homo Sapiens).
Con l’avvento dell’Homo sapiens si afferma così il piede antigravitario dell’uomo moderno, caratterizzato fondamentalmente dalla sovrapposizione dell’astragalo al calcagno, che determina la torsione a elica del primitivo piano podalico per verticalizzazione del retropiede.

Le quattro fasi della filogenesi cruro-tarsale
A – Pesci ossei del Devoniano (350 milioni di anni fa)
B – Anfibi del Carbonifero – (300 milioni di anni fa)
C – Rettili del Permiano – Triassico (200 milioni di anni fa)
D – Forme di passaggio rettile – mammifero
(Oltre 100 milioni di anni fa)
Si osservi l’aumento progressivo della tibia rispetto a quello del perone, la diminuzione degli elementi tarsali, la comparsa della tuberosità calcaneare in D

Il viaggio sotto-astragalico del calcagno nel corso della filogenesi:
A – Rettile primitivo (280 milioni di anni fa)
B – Mammifero ungulato paleocenico (70 milioni di anni fa)
C – Primate eocenico (40 milioni di anni fa)
D – Uomo moderno
L’asse del collo dell’astragalo
Accostamento graduale alla direttrice calcaneo-digitale nel corso della filogenesi:

A – Mammifero primitivo (60 milioni di anni fa)
B – Primate eocenico (40 milioni di anni fa)
C – “Homo habilis” (un milione di anni fa)
D – Uomo di Neanderthal (75 mila anni fa)
E – Uomo moderno
Già noti personaggi storici avevano intuito l’importanza del piede per il nostro organismo.
Leonardo da Vinci ne aveva compreso l’aspetto biomeccanico, definendolo “opera d’arte e di ingegneria”. Ancor prima, Aristotele, intuì come la sua forma potesse avere delle correlazioni con la postura.
Oggi, grazie anche all’avvento della tecnologia, sempre con maggiore raffinatezza, siamo in grado di studiare l’affascinante processo biomeccanico del piede. Non un “ammasso di 26 ossa”, ma bensì singoli elementi coordinati tra loro che sviluppano un particolare movimento ad azione antigravitaria. L’uomo ha imparato a sfruttare la forza di gravità per potersi muovere con il minor dispendio di energia possibile. Ed è per questo che si parla di asservimento della forza di gravità.
Tutti conosciamo l’importanza del piede come organo propulsivo e come sostegno del nostro corpo. Meno spesso lo si associa ad “organo di senso”, base del nostro sistema motorio. Esso è a contatto con l’ambiente esterno, cosparso d’innumerevoli recettori di vario tipo, riceve e trasmette costantemente flussi informativi. Adatta la propria struttura alla superficie d’appoggio, informando costantemente il Sistema Nervoso Centrale circa la posizione nello spazio (propriocezione). Contemporaneamente invia messaggi da elaborare sulla conformazione fisica delle superfici d’appoggio, modificando l’andatura.
Dopo il contatto con il suolo, il piede inizia la fase di rilassamento (fase filogravitaria) in cui prevalgono l’attività informativa (piede organo di senso) e l’adattamento al suolo.
Segue la fase d’irrigidimento (fase antigravitaria) in cui prevale l’attività motoria (piede organo di moto), con una propulsione fino al distacco del piede dal suolo.
Analizzando le ossa metatarso-tarsali, mediante sezioni frontali progressive, si evidenzia come esse siano disposte con geometria elicoidale. L’alternanza delle fasi di rilassamento ed irrigidimento, generano un movimento propulsivo di tipo elicoidale.
La maggior parte delle alterazioni dell’appoggio podalico (es. piede piatto, cavo, ecc.), comportano sia un’errata funzionalità dell’elica podalica, sia lo sviluppo di alterazioni sovra podaliche. Queste coinvolgeranno tutta la postura, fino ad interessare l’apparato occlusale (stomatognatico), secondo una logica di tipo ascendente.
Dottor Marco Caldironi
Laurea in Tecniche Ortopediche, specialista in ortesi podaliche, tecnico della postura, riflessologo